Alopecia androgenetica: tutto ciò che devi sapere
Con alopecia androgenetica si intende la forma più comune di calvizie. Genericamente si assiste, con il passare del tempo, ad un progressivo diradamento dei capelli. Interessa sia gli uomini che le donne, anche se queste ultime in misura inferiore. Può avere inizio già nell’età adolescenziale e proseguire inesorabilmente fino alla calvizie che tutti conosciamo. Gli uomini oltre i 50 anni ne sono maggiormente colpiti, mentre nelle donne questo fenomeno si intensifica dopo la meno pausa.
Un paese come gli Stati Uniti ha circa 50 milioni di uomini e 30 milioni di donne interessate dalla perdita dei capelli. In Italia, il fenomeno del diradamento del cuoio capelluto, interessa 7 uomini su 10 e 4 donne su 10.
Da questi numeri si comprende il perché non la si consideri una vera e propria malattia ma, piuttosto, una condizione assolutamente fisiologica. Ciò non toglie che coloro i quali ne sono colpiti vivano, specie le donne, una condizione psicologica di rifiuto e disagio.
Il diradamento dei capelli negli uomini segue uno schema comune. Tutto ha inizio dalla zona delle tempie, l’attaccatura arretra generando la classica forma ad M. Nel contempo i capelli si assottigliano anche nella sommità del capo avanzando verso la parte frontale, generando la totale perdita nella parte superiore della testa (calvizie parziale). Solo in casi molto rari la perdita arriva anche nelle zone periferiche laterali e posteriori (calvizie totale).
Mentre negli uomini questo processo, nella maggior parte dei casi, prosegue fino ad una percentuale importante di perdita di capelli, nelle donne la sua evoluzione è differente. Non riguarda zone specifiche ed il diradamento è generalizzato, ma raramente si arriva alla calvizie totale. La zona di interesse prevalente è quella della sommità del cuoio capelluto che comunque non arriva quasi mai ad essere totalmente glabra, ma al massimo fortemente diradata.
Non si tratta di una malattia poiché non da sintomi o dolori fisici, ma è comunque una condizione patologica che recentemente è stata associata ad altre condizioni mediche. Si parla, negli uomini, di una certa correlazione con una serie di patologie, come le malattie coronariche, la prostata ingrossata, oppure il diabete di tipo 2, l’obesità e l’ipertensione arteriosa.
Nelle donne invece tale correlazione si riscontra in concomitanza della sindrome dell’ovaio policistico che è contraddistinta da uno sbilanciamento ormonale a sua volta causa di squilibrio del ciclo, irsutismo (peluria in eccesso in alcune parti del corpo), e obesità.
Affrontiamo questo tema andando ad analizzare ogni sua componente di modo che ci si possa orientare all’interno della materia senza perdere elementi che per il singolo potrebbero essere preziosi.
Il livello di approfondimento è molto elevato ma si cercherà di mantenere la descrizione in una zona di facile comprensione per chiunque. Prima di iniziare è d’obbligo dire che le fonti sono disponibile linkando le parti interessate.
Nella prima parte ho ritenuto corretto parlare subito della probabile causa della calvizie androgenetica (termine equivalente ad alopecia androgenetica), ma la struttura dei contenuti è affrontabile anche separatamente quindi sentiti libero di leggere i paragrafi che sono più oggetto del tuo diretto interesse utilizzano l’indice disponibile qui sotto.
Le cause dell’alopecia androgenetica
È un fatto assodato che l’alopecia androgenetica interessi in maggiore rilevanza l’uomo rispetto alla donna. Concorrono diversi fattori di rischio al sopraggiungere di questa condizione. Sebbene una buona parte di essi risulti ancora sconosciuta, gli studiosi hanno concentrato la loro attenzione sulle cause genetiche, rilevando un certo grado di correlazione parentale.
Gli ormoni androgeni sono fondamentali sia in fase prenatale che nella pubertà.
Ad essi sono collegate diverse funzioni come il desiderio sessuale e la regolazione della crescita dei capelli e dei peli corporei.
I capelli iniziano a crescere già sotto la cute per mezzo dei follicoli piliferi. Il processo di crescita di gruppi (ciocche) di capelli dura per un periodo che può variare da due a sette anni. Al termine di questo periodo subentra la fase di stasi della crescita e successivamente (si parla di alcuni mesi), i capelli cadono naturalmente. Tutte queste fasi sono analizzate in un paragrafo apposito.
Questo ciclo ricomincia sempre dal follicolo pilifero che viene stimolato dagli androgeni. Quando si assiste ad un incremento di questi livelli ormonali, i follicoli piliferi ad essi sensibili svolgono la loro attività in maniera alterata, il ciclo diventa più breve e le ciocche risultano più corte e meno resistenti. Inizia a presentarsi una condizione di ritardo nella sostituzione dei capelli perduti.
Possiamo ora tentare di andare ancora un po’ più in profondità e cercare una causa genetica, tenuto conto che questa è uno solo dei molti fattori imputati dell’alopecia androgenetica.
Finora ci siamo occupati di descrivere un processo, per cosi dire, meccanico, attraverso il quale si produce questa alterazione, vediamo a livello genetico come funziona, e quindi quale sia la vera causa di questa condizione di disagio.
La ricerca indica diversi geni come causa o concausa dell’alopecia androgenetica. È su di uno di essi però che si sono accesi i riflettori, il gene AR (la risorsa linkata è in inglese, attivando la traduzione automatica dalle impostazioni del tuo browser, non avrai problemi a leggerla nella tua lingua). Il suo ruolo, tra gli altri, è quello di inviare istruzioni per la generazione della proteina che funziona da recettore degli androgeni. In pratica un’alterazione del numero di geni AR influisce aumentando l’attività nei follicoli piliferi dei recettori degli androgeni. Ad oggi però non si riesce ancora a comprendere fino in fondo perché i follicoli, maggiormente stimolati, perdano parte della loro normale attività e subiscano questa miniaturizzazione.
Gli studi si stanno direzionando sulle correlazioni con altre malattie (sopra menzionate), al fine di comprendere il motivo dell’incremento degli androgeni.
Il gene AR, approfondiamo una causa genetica
Per capire le cause dell’alopecia androgenetica non è necessario andare così in profondità, ciò non toglie che sia comunque interessante affrontare un argomento che difficilmente, in fase diagnostica, viene posto.
Come detto al gene spetta il compito di creare la proteina denominata recettore degli androgeni, questi ultimi sono gli ormoni, di cui fa parte anche il testosterone, che regolano lo sviluppo del sesso maschile in alcune fasi fondamentali della crescita.
Tramite i recettori quindi il corpo trova una risposta adeguata. Nel corpo umano i ricettori si trovano in molti tessuti ed essi si legano agli androgeni. Il DNA regola l’attività dei geni, per cui la loro attivazione, e conseguente disattivazione, serve a dirigere il processo di determinazione delle caratteristiche maschili. Oltre a ciò, come già detto, androgeni e recettori regolano la proliferazione dei capelli e del desiderio sessuale, e ciò avviene sia negli uomini che nelle donne.
Nel gene AR, il DNA è composto da diversi segmenti, quello noto con il nome di CAG si presenta in un numero ripetuto in una forbice che va da 10 (anche meno) a 36. È questa ripetizione che viene indagata, presupponendo che da una sua variazione dipenda lo squilibrio che porta il follicolo pilifero a rispondere in maniera non normale, in pratica l’input che genera il suo funzionamento non è corretto.
Questo gene è presente nel cromosoma X, se ne desume che in linea ereditaria derivi dalla madre verso il figlio maschio. Il numero di parenti in linea diretta o anche di secondo grado, determina un aumento delle probabilità di incorrere in questo disturbo.
Si tratta solo di congetture probabilistiche, anche perché è risaputo che la calvizie ereditaria vede coinvolti più geni, per questo motivo viene indicata come malattia poligenetica.
Quali sono le conseguenze?
Ciò che avviene nel cuoio capelluto in pratica è una lenta riduzione della dimensione dei follicoli piliferi con la conseguenza di una produzione, ad ogni ciclo successivo, di capelli più sottili, con minore pigmentazione e con una fase di crescita accorciata, per cui la loro caduta viene anticipata.
La fase di crescita viene chiamata Anagen, in questo stadio la crescita del capello assume una dimensione media di 0,3-0,4 mm ogni giorno. Come già detto la durata di questa fase dura da 2 a 7 anni e dipende da fattori ereditari ma anche dal sesso. Nelle donne infatti dura di più, rispetto all’uomo.
La fase di involuzione viene chiamata Catagen, il follicolo pilifero non fa crescere il capello che rimane fermo alla stessa lunghezza. Si tratta di 2 o 3 settimane dopo il ciclo Anagen.
La fase di riposo viene chiamata Telogen, non si riscontra più nessuna attività del follicolo pilifero. I legami si fanno via via più deboli ed alla fine il capello cade. Questo periodo dura circa tre mesi al termine del quale riparte la fase Anagen.
Se sei interessato ad approfondire riguardo le fasi di crescita, leggi l’articolo sul ciclo vitale del capello
La caduta eccessiva dei capelli segue uno schema abbastanza preciso nell’uomo, mentre nella donna tale schema non sussiste, nel prossimo paragrafo approfondiremo questo argomento e cercheremo di delineare i sintomi che portano allo sviluppo della condizione di calvizie.
Come riconoscere i sintomi dell’alopecia androgenetica?
Seppur in maniera meno visibile, per un fatto di posizione più che altro, la caduta riguarda anche la zona superiore del cuoio capelluto.
Sebbene si parli spesso di caduta dei capelli, abbiamo potuto constatare che in realtà il capello diviene sempre più sottile e corto fino ad una dimensione non più visibile, in tal senso si dovrebbe parlare di diradamento causato dalla miniaturizzazione del follicolo pilifero.
Nelle donne le tempie non sono colpite come accade invece alla parte superiore fino al vertice. Nella fase avanzata il bulbo si atrofizza e l’intervento di recupero risulta molto più complicato.
In fase diagnostica si usano determinate scale di misurazione dello stadio in cui ci si trova, le quali sono differenti a seconda di alopecia femminile oppure maschile, ed è ciò che vedremo nei due paragrafi che seguono.
Gli stadi della calvizie nel maschio – Scala di Norwood-Hamilton
Negli anni ’50 James B. Hamilton si è preoccupato di istituire un vero e proprio codice in grado di descrivere lo stato in cui si trova l’alopecia androgenetica in un determinato individuo di sesso maschile. La rarefazione dei capelli interessa i lobi fronto-parietali e la parte superiore della testa. La cosiddetta scala di Hamilton contava 5 diversi stadi, in progressione.
Una ventina di anni dopo, un altro ricercatore, di nome Norwood ha inserito degli stadi intermedi arrivando ad un totale di 7. La scala di riferimento per la calvizie degli uomini, oggi è proprio quest’ultima e prende, per l’appunto, il nome di scala di Norwood.
È interessante notare come al primo stadio non vi sia una vera calvizie ma solo un accenno identificabile con la classica stempiatura, la caduta di capelli praticamente non si riscontra ancora.
Al secondo stadio, l’attaccatura frontale dei capelli inizia a retrocedere, da questo momento in poi, l’alopecia androgenetica inizia la sua progressione che arriva a durare anche diversi anni.
Tra il secondo ed il terzo stadio ce n’è uno intermedio (Stadio II A), in cui il fenomeno risulta più marcato.
La calvizie si considera conclamata a partire dal terzo stadio. Si tratta di un livello importante di solito evidente nell’anziano, oppure nei giovani con un’evoluzione anticipata. Questo stadio precede un altro stadio intermedio rispetto al quarto stadio. La perdita dei capelli è estesa e la stempiatura appare simmetrica.
Nel quarto stadio la perdita di capelli è consistente anche al vertice.
Nel quinto la zona delle tempie è priva di capelli e si congiunge con la parte superiore del vertice del cuoio capelluto.
Nel sesto stadio le zone interessate sono ormai glabre e si giunge in fretta all’ultimo stadio corrispondente all’assenza di capelli nelle due zone tipiche della calvizie del maschio, si intravede una semi corona di capelli nella parte posteriore da orecchio ad orecchio.
Classificazione BASP
Nel 2007 è sorta una nuova classificazione della calvizie. Prende il nome di BASP 2)Lee, W., Ro, B., Hong, S., Bak, H., Sim, W., Kim, D., Park, J., Ihm, C., Eun, H., Kwon, O., Choi, G., Kye, Y., Yoon, T., Kim, S., Kim, H., Kang, H., Goo, J., Ahn, S., Kim, M., Jeon, S. and Oh, T. (2007). A new classification of pattern hair loss that is universal for men and women: Basic and specific (BASP) classification. Journal of the American Academy of Dermatology, 57(1), pp.37-46. (Basic and Specific). Il concetto che sta alla base è che vi sia un’evoluzione comune a tutti gli afflitti da questa patologia e una più specifica per ogni individuo. Sostanzialmente la stempiatura è l’elemento che accomuna tutti, mentre la zona del vertice si differenzia.
Il ricercatore che l’ha proposta si chiama Lee (insieme ai ricercatori dell’American Academy of Dermatology) ed attualmente è un ulteriore modo di mostrare i vari livelli della calvizie.
Gli stadi della calvizie nella donna – Scala di Ludwig
Come già si è detto, la calvizie androgenetica nella donna si manifesta nella parte superiore, lo scalpo. Il grado di intensità della perdita di capelli è stato misurato da Ludwig. In modo arbitrario la sua scala si compone di tre livelli progressivi in cui al primo step si evidenzia un diradamento lieve della zona della corona, mentre al terzo lo stadio è molto più avanzato o intenso.
La scala di Ludwig è sorta nel 1977 e aggiornata di tanto in tanto da revisioni che però fanno tutte riferimento alla stessa metodologia. La scala di Savin amplia quella di Ludwig creando delle sottocategorie. Nel 2006 il ricercatore Sinclair ha infine voluto semplificare la scala di Ludwig proponendo 5 fasi di diradamento dell’intensità dei capelli sempre nella zona superiore.
La diagnosi
Occorre evitare il più possibile di avere un approccio fai da te. I centri specializzati nella calvizie sono disseminati in tutto il territorio nazionale per cui è bene effettuare esami approfonditi per determinarne le cause e non incorrere in errori di valutazione.
È bene agire con prudenza e indagare anche su altre malattie per evitare che la causa possa provenire da altre fonti di disordine ormonale.
Si cercherà di escludere quindi la tiroide, il diabete, lupus, psoriasi. Si tratta infatti di patologie tutte collegate alla perdita di capelli. Basterà, a tale scopo, effettuare un semplice esame del sangue.
Le analisi tricologiche sono quelle che danno modo di formare una vera diagnosi specifica, in cui vengono maggiormente evidenziate le cause probabili. L’esame avviene prelevando campioni di capelli in modo da ottenere un’immagine a microscopio del bulbo pilifero.
Una domanda che spesso viene rivolta agli specialisti riguarda la prevenzione dell’alopecia androgenetica. Si può dire che allo stato attuale non esiste un percorso preventivo, le cause genetiche ed ormonali si manifestano in modo indipendente rispetto a diversi stili di vita. Si può tuttalpiù assumere una serie di comportamenti virtuosi che non incentivino il percorso progressivo dell’alopecia androgenetica che sono:
- Evitare di traumatizzare i capelli con sostanze chimiche aggressive (le colorazioni);
- Evitare i lavaggi troppo frequenti;
- Evitare trattamenti e stirature (comprese le pettinature troppo intense).
Sebbene queste indicazioni siano generiche, possono offrire il conforto nel ritardare gli effetti della calvizie androgenetica, ma non ne sono assolutamente la causa scatenante che, come abbiamo visto ha origini genetiche.
Quali sono i principali tipi di alopecia?
È bene chiarire il più possibile l’argomento relativo alla calvizie individuando tutti i tipi di alopecia e differenziarli da quella androgenetica che ne è solo una variante. Va detto che con il termine generico di alopecia viene generalmente indicata la caduta, o mancanza, di capelli (e peli in generale), in modo diffuso oppure circoscritto.
L’alopecia non androgenetica può essere quindi di diverso genere:
Alopecia areata
I follicoli piliferi non vengono riconosciuti dal sistema immunitario che li attacca. Si tratta di una patologia autoimmune, che comporta una perdita a chiazze di capelli. Il nome areata dipende proprio dal fatto che si perdono capelli in aree circoscritte grandi come può essere il diametro di una moneta. Non c’è distinzione di età o di sesso e può apparire in qualsiasi parte del corpo. Rispetto alla androgenetica, si può assistere ad una ricrescita dei capelli, in una prima fase con una colorazione chiara, per poi assumere quella naturale, stessa cosa dicasi per il volume dei capelli.
Alopecia totalis
Si tratta di una forma più avanzata di alopecia areata prende tutto il capo, quindi non solo il cuoio capelluto ma anche i peli del viso.
Alopecia universalis
Nella forma più acuta l’areata è nota come alopecia universalis in cui la perdita di peli è generalizzata a tutto il corpo. La causa è da ricercare in una mutazione cromosomica progressiva. Non esistono al momento dei trattamenti curativi, sebbene siano stati osservati dei casi in cui capelli e peli sono ricresciuti in modo spontaneo.
Alopecia da stress
Quando si parla di alopecia da stress, nota anche con il nome di alopecia psicogena, siamo di fronte ad una variante di difficile individuazione in quanto molto legata allo stato psicofisico del soggetto. Inoltre tende a manifestarsi con sintomatologie che possono essere confuse a volte con areata e altre con androgenetica.
Alopecia cicatriziale
Una malattia rara in cui la perdita di capelli è avviene a seguito di un processo infiammatorio che porta alla atrofizzazione e distruzione del bulbo pilifero che viene rimpiazzato da tessuto cicatriziale. Colpisce uomini e donne, mentre nei bambini generalmente non si presenta. Per sua natura è irreversibile poiché il follicolo viene proprio a mancare.
Alopecia barbae
Colpisce gli uomini nella zona del viso e sul collo. Si manifesta sottoforma di chiazze glabre visibili nella barba.
Alopecia da trazione
Non ha nulla a che vedere con sbalzi ormonali o anomalie genetiche. Molto più semplicemente, si tratta della conseguenza di acconciature dei capelli troppo invasive. In pratica la trazione eccessiva dei capelli provocata da certe pettinature, provoca inizialmente un’infiammazione del follicolo.
Se la trazione continua nel tempo, si può arrivare ad una perdita dei capelli vera e propria e formazione di zone alopeciche. Fortunatamente è reversibile… basta cambiare pettinatura 🙂 .
Come attuare la difesa contro la calvizie comune
La calvizie androgenetica può essere affrontata in maniera specifica mediante un percorso che tenti di accertarne le cause scatenanti. Troppo spesso le credenze popolari indicano il fattore dello stress come la causa per eccellenza di questa condizione, uno specialista ha invece più esami a disposizione per andare in profondità, e poco fa ne abbiamo visto la portata.
È bene sin da subito non affidarsi ai sentito dire oppure a cure miracolose spacciate per tali da sedicenti dottori o pseudo-specialisti che appaiono in rete o nei vari social network. Oltre al percorso indicato, un’analisi di approfondimento, e forse quella che offre maggiore rilevanza, è il test del DNA che evidenzia una generica predisposizione futura a sviluppare la calvizie.
Tra i suoi effetti collaterali c’è appunto la crescita dei peli. Il suo utilizzo, per questo scopo, è ad uso topico localizzato nella parte del vertice del cuoio capelluto, dove si è registrato una certa efficacia.
Il secondo è finasteride che con il nome di Propecia viene somministrato per via orale per combattere l’alopecia androgenetica fin dal 1997.
Assumendo tale farmaco si nota un rallentamento nella caduta dei capelli, mentre quelli più sottili iniziano ad incrementare il loro diametro. Tali effetti si notano dopo almeno 3 o 4 mesi di assunzione ma non sono estesi a tutti i pazienti. Purtroppo occorre continuare a prendere il farmaco per anni e come effetto collaterale il più diffuso è un calo della libido fortunatamente in una bassa percentuale di casi.
Nelle donne che si trovano negli anni di fecondità, c’è un espresso divieto di entrare anche solo in contatto accidentale con il farmaco, per prevenire possibili malformazioni del feto maschio. Gli effetti collaterali sono comunque reversibili dal momento in cui si smette di assumere il farmaco. Da quanto detto si capisce quanto sia importante il diretto controllo dello specialista e delle analisi periodiche.
Come già detto il DHT è il maggior responsabile della miniaturizzazione del follicolo pilifero con conseguente atrofizzazione, ovviamente nelle persone geneticamente predisposte.
A questi due farmaci occorre dunque fare riferimento per la cura della calvizie comune, in rete però ne vengono suggeriti diversi altri che in apparenza sembrano avere effetti miracolosi. È bene rivolgersi sempre ad un dermatologo possibilmente specializzato in tricologia per non incappare in medicinali che, nel migliore dei casi, non hanno alcun effetto… mentre nel peggiore potrebbero provocare effetti indesiderati.
Autotrapianto dei capelli con tecnica FUT e FUE
Per molti l’insorgenza della calvizie è un problema di carattere psicologico sociale che preclude la serenità, più avanti ci occuperemo anche di questo particolare argomento. Oltre alle cure farmacologiche di cui si è appena trattato, esistono altri procedimenti divenuti ormai consueti.
Bisogna subito chiarire che non si tratta di vere cure ma piuttosto di interventi che appartengono alla chirurgia estetica.
Per recuperare la propria massa di capelli, a seconda dello stadio di diradamento in cui ci si trova, è possibile rivolgersi ad altre tecniche mediche che fanno riferimento alla pratica del trapianto.
La zona donatrice viene sottoposta a sutura la cui cicatrice, grazie alle moderne tecniche utilizzate, risulta praticamente invisibile. Nei casi in cui dovesse vedersi qualche segno (magari a capelli rasati) è possibile ricorrere alla tecnica della tricopigmentazione per coprire il tutto piuttosto agevolmente.
Nella tecnica denominata FUT il prelievo follicolare è minuzioso e si tenta di renderlo il più veloce possibile per poi effettuare l’innesto. La velocità è direttamente collegata alle percentuali di riuscita della tecnica di ripopolamento.
L’intervento dura mediamente 5 ore e, in linea teorica, non comporta una fase farmacologica ne prima ne dopo la sua esecuzione. Va detto però che i farmaci per la cura dell’alopecia androgenetica possono preservare anche i capelli trapiantati ma soprattutto sono estremamente utili nel proteggere i propri capelli indigeni che altrimenti continuerebbero la fase di miniaturizzazione fino a scomparire. Questo comprometterebbe il risultato estetico dato dal trapianto, pertanto molte cliniche consigliano di seguire cure anche dopo aver effettuato il trapianto di capelli.
La tecnica FUE (Follicolar Unit Extraction) è nata in tempi più recenti e inizialmente aveva un grado di riuscita inferiore rispetto alla tecnica appena citata. Oggi però grazie all’evoluzione degli strumenti di estrazione, denominati punch il divario con i successi della FUT si è molto ridotto. Per spiegarla con parole molto semplici, si tratta di prelevare direttamente i follicoli piliferi un po’ come si preleverebbero i capelli da una bambola… un’unità follicolare alla volta. Le sedute sono più lunghe con una durata di 8 o 9 ore per i casi più gravi. I punch utilizzati possono essere manuali oppure motorizzati. Il vantaggio della FUE consiste nel fatto che non si ha la cicatrice sulla parte posteriore della testa e il decorso post operatorio è molto più rapido.
Le due alternative sono entrambe applicate, dipende dal soggetto sceglierne una o l’altra a seconda dello stato in cui si trova l’avanzamento dell’alopecia e del tipo di capelli rimasti. La FUT si può ritenere più sicura della FUE.
Quando si parla di autotrapianto spesso si fa riferimento anche al fenomeno dello shock loss. In pratica dopo due o tre settimane dall’intervento (a prescindere dal tipo di autotrapianto se FUT o FUE), l’impatto traumatico può provocare uno stato generale di sofferenza per quei follicoli indigeni (non trapiantati) che già sono in stato di debolezza. La caduta viene accelerata e a volte può essere irreversibile. Proprio per rafforzare i capelli indigeni ed evitare (o ridurre notevolmente) lo shock loss, molti chirurghi consigliano l’uso di finasteride per almeno 6 mesi prima dell’intervento.
Il decorso delle tecniche di trapianto è buono nei primi tempi, occorre però rilevare che, con il passare del tempo, il processo dell’alopecia androgenetica continua ad agire. Per questo motivo, come accennato, sarà necessaria comunque la cura farmacologica.
Effetti psicologici derivanti dall’Alopecia androgenetica
Non si affronta mai abbastanza il risvolto psicologico derivante dalla perdita di capelli che porta alla calvizie. Il principale problema in chi ne è afflitto è la perdita di autostima che può essere da preludio a stati d’ansia o a veri e propri stati depressivi.
Non riguarda solo la donna in quanto maggiormente esposta al giudizio estetico, ma anche l’uomo, soprattutto se tale condizione annuncia i suoi effetti già in età adolescenziale.
In maniera sia consapevole che inconsapevole, attribuiamo alla capigliatura un significato che ha a che fare con lo status sociale. In particolare l’immagine dei capelli interagisce nei rapporti interpersonali, sentimentali poiché da essa se ne desume lo stato generale di benessere e salute, nonché di bellezza, e per l’uomo in particolare di prestanza fisica.
La chiusura in se stessi è una conseguenza consueta che si manifesta anche prima della fase più importante, la paura genera ansia e ciò provoca malessere psichico.
Negli uomini di mezza età l’insicurezza si somma alla perdita naturale dei capelli causando uno stato depressivo, l’unico modo per poter non essere coinvolti in maniera eccessiva da questa condizione, è quello di controllare il proprio stato emotivo cercando di raggiungere la consapevolezza che ci si trova di fronte a un fenomeno del tutto naturale.
L’immagine di successo di personaggi anche del mondo dello spettacolo colpiti da calvizie sta contribuendo a cambiare il sentiment generale, per cui il taglio di capelli molto corto rappresenta un buon metodo per accettare la transizione. Per ora ciò è vero soprattutto per il maschio, mentre il vissuto dell’alopecia androgenetica femminile, da un punto di vista psicologico, è in effetti più complicato.
Il futuro della ricerca per combattere definitivamente l’alopecia androgenetica
Le recenti evoluzioni sia in capo alla ricerca sulle staminali che riguardo a nuovi strumenti di analisi ad essa collegata, fanno pensare che la strada che si sta delineando possa dare un forte scossone alla prevenzione o cura definitiva di questa condizione.
Questo approccio ha ricadute notevoli sia riguardo alla percentuale di successo che alla sua durata nel tempo.
Trattandosi di cellule staminali, non c’è il problema del rigetto, inoltre il trattamento ha una sua evoluzione che può andare dai 3 ai 6 mesi quindi andrebbe comunque ripetuto nel tempo.
Gli studi e la sperimentazione riguardano anche il nostro paese, e non solo le staminali sono alla base dei test. Si pensa che a breve i nuovi approcci possano costituire una reale risposta e/o alternativa agli interventi correttivi attualmente adottati.
È d’obbligo segnalare, in questa sezione, anche la notizia che ha avuto un notevole seguito sui quotidiani, secondo la quale il tuorlo d’uovo abbia in se delle proprietà anticalvizie. Il tutto è nato da una pubblicazione 3)Nakamura, T., Yamamura, H., Park, K., Pereira, C., Uchida, Y., Horie, N., Kim, M. and Itami, S. (2018). Naturally Occurring Hair Growth Peptide: Water-Soluble Chicken Egg Yolk Peptides Stimulate Hair Growth Through Induction of Vascular Endothelial Growth Factor Production. Journal of Medicinal Food, 21(7), pp.701-708. sul “Journal of Medicinal Food” riguardo ad una sperimentazione da parte di un team di studiosi dell’Università di Osaka in Giappone.
Si è partiti dalla semplice constatazione del precoce sviluppo del piumaggio nei polli che parte dopo soli 14 o 15 giorni di vita. Il risultato ottenuto dai test sui topi fa ben sperare su un altro filone di studio utile a combattere la calvizie.
Prima di farsi degli shampoo con le uova è bene aspettare altri risultati clinici e prodotti opportunamente testati che evidenzino l’efficacia del principio attivo 😉
Si tenga presente inoltre che in passato molte sostanze, per lo più esotiche sono state associate, senza nessuna evidenza scientifica, al rinfoltimento del cuoio capelluto.
Conclusioni
La calvizie maschile o femminile si divide in androgenetica e non. A prescindere dal tipo, abbiamo visto che questa comporta un disagio che porta alla perdita del benessere psicologico.
Per supportare gli afflitti (una grande fetta della popolazione), sono sorti numerosi studi che hanno portato ad una risposta farmacologica con effetti curativi, per arrivare fino a un percorso estetico con l’intervento di autotrapianto.
La cura vera e propria è quella farmacologica che rallenta la miniaturizzazione del follicolo pilifero, altre soluzioni riguardano di più la chirurgia estetica.
Le nuove frontiere sono molto promettenti e risolutive ma la sensazione è che abbiano un orizzonte temporale di almeno dieci anni, per cui potremmo vedere una significativa e progressiva sostituzione delle vecchie tecniche, a partire dalla seconda metà degli anni venti.
Nonostante la causa della calvizie androgenetica sia delineata, anche se non del tutto, persistono leggende metropolitane (le famose bufale) che portano una gran parte della popolazione ad assumere sostanze oppure a tenere comportamenti del tutto irrilevanti ai fini del suo decorso.
Una di queste bufale associa alcune sostanze alla possibilità di rigenerazione dei follicoli piliferi. Il loro numero è determinato alla nascita nella fase dello sviluppo fetale e non possono essere incrementati. Nemmeno il trapianto può modificare il loro numero poiché nella pratica vengono spostati da una zona rigogliosa ad un’altra priva o in carenza.
Allo stesso modo è del tutto infondata l’ipotesi che la calvizie abbia a che fare con lo spazzolamento dei capelli. Sebbene sia preferibile l’uso del pettine alla spazzola, ma per ragioni che hanno a che fare con le doppie punte, la forza che occorrerebbe per stressare il bulbo pilifero dovrebbe essere al limite del danneggiamento del cuoio capelluto.
In generale si può dire che la cura dei capelli ha a che fare con lo stato di lucentezza e sulla sensazione di morbidezza e corposità, mentre per quanto riguarda la calvizie androgenetica sia maschile che femminile, essendo le cause (sinora associate) di natura genetica ed ormonale, occorre rifarsi allo stato dell’arte in fatto di farmaci che, come abbiamo visto, ad oggi sono sostanzialmente due. In nessuno di questi casi si assiste al rinfoltimento del cuoio capelluto ma solo difesa di quelli che già si posseggono che vengono mantenuti in buona forma.
Ogni giorno normalmente perdiamo dai 40 ai 120 capelli che non rappresentano molto rispetto ai 110 mila totali, in caso di alopecia androgenetica generalmente tale caduta non viene incrementata, bensì il problema è che i capelli caduti vengono rimpiazzati da peli sempre più deboli… fino ad arrivare al punto in cui il follicolo non produrrà più nulla.
In quanto fenomeno di massa, genera molta attenzione anche da un punto di vista del business, per cui occorre fare attenzione e verificare sempre le fonti di molte affermazioni un po’ troppo semplicistiche e risolutive.
Le stesse promesse di interventi chirurgici a basso costo, effettuati in cliniche improvvisate fuori dal territorio nazionale, rappresenta un fenomeno allarmante e del tutto fuori controllo.
Per concludere è bene conoscere la natura di tale condizione fisica per essere il più possibile di supporto a chi ne risente in misura elevata. L’elemento psicologico colpisce maggiormente i giovani e le donne, sono loro che hanno bisogno di un percorso non solo curativo ma anche consolatorio e rassicurante.
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Bibliografia
Autore articolo: finnikola
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